“Le decisioni reali: né razionali né capricciose” con Daniel Kahneman e Massimo Piattelli Palmarini, Festival della scienza
4.11.2006
Le decisioni reali: né razionali, né capricciose
Gli esseri umani, quando prendono decisioni nella vita di tutti i giorni, assomigliano più a Charlie Brown o al Dottor Spock? A questa domanda, solo in apparenza frivola, hanno risposto gli ospiti della conferenza Le decisioni reali: né razionali, né capricciose, che si è svolta ieri a Palazzo Ducale, nell’ambito della quarta edizione del Festival della Scienza di Genova. Daniel Kahneman, psicologo Premio Nobel per l’economia nel 2002; Massimo Piattelli Palmarini, discepolo di Kahneman e uno dei massimi esperti mondiali di scienze cognitive, e il filosofo della scienza Matteo Motterlini, hanno animato l’incontro in una gremitissima Sala del Maggior Consiglio. Quando andiamo al supermercato o facciamo shopping non agiamo in modo perfettamente razionale, come il famoso dottor Spock nella serie Star Trek: «se non fosse per le orecchie a punta, sarebbe lo stereotipo dell’homo oeconomicus utilizzato dalle teorie economiche», dice Motterlini. Assomigliamo più a Charlie Brown, che quando deve prendere una decisione sente la propria mente “calda e stupida”. Nella vita quotidiana, insomma, le persone tendono a sbagliare i calcoli, e lo fanno in modo sistematico. Questa sistematicità è alla base degli studi che hanno reso celebre Kahneman e Amos Tversky, suo compagno di ricerca sin dagli anni Sessanta. «La nostra idea era che, soprattutto a livello intuitivo, il nostro pensiero non è logico, sbaglia spesso. Ma nei suoi errori c’è un certo metodo». Tendiamo, per esempio, a trovare un senso a eventi assolutamente casuali: «come il rendimento di un giocatore di basket, che statisticamente è casuale», dice Kahneman. Oppure, preferiamo pagare di più un’assicurazione sulla vita per cause terroristiche piuttosto che un’altra per cause varie. Come se il risultato fosse diverso: «qui è la paura a guidare la nostra scelta, non il calcolo», prosegue il Nobel. «Di fronte a un calcolo necessario per prendere una decisione razionale, sostituiamo intuitivamente i presupposti della scelta e rispondiamo a una domanda più semplice ma sbagliata, come nel caso dell’assicurazione», dice ancora Kahneman. Il modo in cui viene posto il problema è determinante: «dire che un intervento chirurgico ha un tasso di mortalità del 10% è abbastanza preoccupante – afferma Kahneman – al contrario, dire che ha il 90% di possibilità di riuscita tranquillizza molto». Lo stesso avviene con il linguaggio. Studiando gli stimoli celebrali, Piattelli Palmarini ha scoperto che: «tendiamo a considerare giuste frasi che suonano bene ma sono completamente sgrammaticate e, viceversa, a rigettare frasi corrette che suonano male». Non si tratta, secondo gli scienziati, di un difetto di conoscenza o di educazione – «nessuno ci insegna a fare questo tipo di errori», dice Piattelli Palmarini – ma di una caratteristica universale, comune a tutti gli uomini, superabile solo con la riflessione.